Con questo tempo così uggioso, mi viene voglia di mangiare una buona e calda polenta! A voi, no?
Non vedo l’ora di sentire quel profumo per tutta la casa e di mangiarla, calda e fumante.
Quella che avanza, la mangio come spuntino pomeridiano fredda, tagliata a fettine, oppure per cena la faccio saltare in padella con un po’ di olio.
Noi siamo una famiglia di polentoni! Mio nonno faceva il contadino e mi ricordo quando metteva le pannocchie ad essiccare al sole, nel cortile dove abitavamo.
La polenta è stato per molto tempo il piatto base dell’alimentazione degli strati più poveri della popolazione dell’Italia settentrionale, adesso è una buonissima variante dei nostri menu quotidiani, soprattutto quando il clima diventa più freddo.La polenta ha origini molto antiche : all’inizio veniva preparata con farine ottenute dalla macinazione di diversi cereali come il frumento, il farro, l’avena, l’orzo e il miglio.
Sembra che il granturco sia arrivato in Italia nel XVI secolo, portato dai veneziani, e che sia stato chiamato così non perché venisse dalla Turchia, ma perché a Venezia il termine “turco” era sinonimo di straniero, che viene da lontano. Infatti la pianta è originaria dell’America Centrale ed il suo nome è Zea Mays.
Il mais è un’erba dolce, rinfrescante, emolliente, diuretica, ipoglicemizzante, stimola il flusso della bile e previene la formazione di calcoli urinari.
Esistono diversi tipi di farina per polenta: la bergamasca, quella veneta a grana sottile, la farina di grano saraceno diffusa tra le montagne lombarde, e quella bianca diffusa in Friuli e nella laguna veneta.
Per la cottura della polenta occorre il suo tempo, ma non ci sono problemi: più cuoce e più è digeribile! Il tempo di cottura va comunque dai 45 ai 60 minuti.